Alberto Timossi è protagonista della prima mostra del 2025 presso la Minigallery di Assisi. Questa personale arriva dopo alcune collaborazioni che sono iniziate nel 2014 con l’installazione ‘Flussi’ presso la Fonte di San Nicolò proprio ad Assisi. E’ seguita l’installazione presso il Ponte Sanguinario a Spoleto all’interno dell’evento Suburbia e, più recentemente, la partecipazione alla collettiva in galleria ‘La Somma degli Addendi’ nell’ottobre 2022.
La mostra è accompagnata da un testo di Davide Silvioli:
Nell’operato di Alberto Timossi, la ricerca sulla scultura è intrapresa attraverso la sperimentazione rivolta agli umori della forma, del volume, del materiale. È la materia che, pur variando a seconda dei proposti creativi, conserva, in ciascun lavoro dell’artista, i sintomi della tensione che ha generato la qualità dell’oggetto scultoreo, animandolo. Si tratta di una tensione onnipresente ma mai identica, che innerva le opere dimostrando un tenore talvolta più esplicito mentre in altre più introverso. Pertanto, la fisica di ogni sua realizzazione si riflette nella relativa estetica, ugualmente a come forma e contenuto convivono nel suo alfabeto, concorrendo a una narrazione univoca. Ciò è declinato tramite un lessico sì essenziale, poiché qualifica proprietà fondamentali della pratica scultorea, ma non per questo di scuola minimalista, dovutamente al modo “caldo” dell’autore di interpretare la tridimensionalità.
Il repertorio qui in esame, per la naturalezza del senso plastico, sembra trovare la propria radice negli archetipi della storia dell’arte e, più in particolare, in quella della scultura. Pieghe, concavità, flessioni, sbalzi, aggetti e inserti articolano, in Timossi, una grammatica personale, che conversa tanto con il passato quanto con il presente. D’altronde, i suoi Contraccolpi trasudano lo stato inerme di una deposizione e le sue Pagine possono restituire la sensazione della carne offesa. Al contempo, la scelta del materiale artificiale, di produzione industriale e combinato con materie naturali rinvia a questioni distintive dell’attualità, come la ricerca di un equilibrio tra uomo e natura, quindi alla relazione umana con la tecnica.
Nell’insieme, che sia legno, pietra, ceramica o marmo, il binomio con il pvc pone in essere, in tutti i casi, un pathos silenzioso. L’impersonalità del monocromo, allora, si mitiga, fino a maturare un proprio senso lirico, che richiede lunghe tempistiche di osservazione per essere avvertito pienamente. Il corpo delle sue operazioni, dunque, è teatro di manifestazioni sensibili, quali pressioni e resistenze, che conferiscono riconoscibilità a contrasti e accordi, a fratture e stratificazioni. Invero, occorre scrutare tra le pieghe della scultura, lasciarvi sedimentare lo sguardo, per partecipare ora all’armonia e ora al conflitto che abitano la medesima dimensione espressiva. Il linguaggio di Alberto Timossi, così, eleva alla superficie del visibile forze immateriali che diversamente rimarrebbero mute all’intelletto. Il suo lavoro ne svela la poesia e la sofferenza.